26.04.22 - Alessandro Pitto 'Migliorare la logistica per consentire ai porti di trovare nuovi mercati'

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L’intervista Alberto Ghiara «Il sistema dei Ports of Genoa nel corso del 2021 – dice il presidente di SpediportoAlessandro Pitto – ha fatto registrare un andamento positivo dei traffici sotto il profilo di pressoché tutte le merceologie movimentate. Non parliamo solo dei container che hanno fatto segnare il record di movimentazioni con 2,7 milioni di teu, ma anche delle merci convenzionali, cresciute del 12%. Il sistema afferma la propria leadership come gateway nazionale nel settore container. Sono prevedibilmente rimbalzati i numeri legati al traffico passeggeri, con riferimento ai traghetti, ma non ancora quelli del traffico crocieristico, che riprenderanno a crescere solo con la fine della pandemia». Che cosa può fare il Pnrr per i porti di Genova e Savona?«I porti già ora e ancor più nei prossimi anni saranno interessati da un massiccio programma di investimenti, alcuni dei quali finanziati nell’ambito del Pnrr, mentre altri ricadono sotto differenti programmi di investimento. I principali sono noti a tutti, come la diga foranea, l’elettrificazione delle banchine, il completamento del Terzo valico, il riordino dei nodi ferroviario e autostradale di San Benigno. Non dobbiamo dimenticare la necessità di migliorare le connessioni ferroviarie ed autostradali al servizio del bacino di Savona e di Vado. Come ha anche ricordato il presidente Draghi nel corso della sua recente visita, tutti questi interventi devono contribuire ad aumentare la competitività di Genova e Savona con particolare riferimento a quei mercati che ora sfuggono al porto e che in un ‘ottica di ampliamento della catchment area potrebbero invece gravitare sul sistema ligure».Che cosa chiedete come operatori al futuro sindaco di Genova?«Di continuare a considerare il porto non tanto e non solo come la principale industria della città, ma come vera e propria parte integrante della città stessa, vitale e pulsante, da cui la città di Genova trae linfa vitale per la propria economia e per la propria crescita. Credo che vecchie polemiche circa la faticosa convivenza fra città e porto siano state finalmente consegnate al passato; è cresciuta in tutti i genovesi la consapevolezza dell’importanza vitale del porto per la città. Proprio per questo, penso sia necessario fare uno sforzo per guardare al futuro del porto anche oltre le attuali progettualità e chiedersi quale modello di porto e quale modello di sviluppo desideriamo una volta che avremo diga, Terzo valico e autostrade finalmente degne di questo nome. Come noto la nostra categoria da tempo sta portando avanti un’idea di sviluppo legata ad un porto delle merci, ovvero ad un porto che possa contare su una o più aree logistiche immediatamente a ridosso del porto in cui sviluppare attività logistiche green. Penso al nostro progetto di Green Logistic Valley, ma non solo. Per anticipare il tema della nostra Assemblea annuale, noi vorremmo chiedere al futuro Sindaco di sposare la nostra visione di una Genova blue, green e smart». Si riparla di riforma dei porti. Pensate che ci sia qualcosa da aggiustare rispetto a quella del 2016?«Si è spesso discusso di vari modelli, ispirati alle esperienze di altre nazioni, a volte dimenticando che ogni modello nasce dalle peculiarità del territorio e da ordinamenti statuali differenti. Tuttavia è certo che in Italia non abbiamo mai avuto il coraggio di spingere né sull’autonomia spinta del cosiddetto modello anseatico, né sulla centralizzazione tipo Puertos del Estado spagnoli. Più di recente il dibattito ha ripreso un certo vigore anche alla luce delle note vicende in merito alla tassazione dei proventi delle Autorità Portuali richiesta da Bruxelles. Come in Spediporto avevamo già da tempo osservato, l’attuale configurazione normativa, per così dire ibrida, rischia di fare scontare alle nostre AdSP il peggio dei due mondi, ovvero soggiacere a tutti i vincoli burocratici ed amministrativi imposti agli enti pubblici ed essere al contempo tassate come imprese private. Penso che il momento sia ormai maturo per ragionare sul modello di una AdSP S.p.A., modello che non significa né svendere il demanio, né rinunciare ai poteri di controllo e di indirizzo che il soggetto pubblico può e deve esercitare, ma molto semplicemente mettere in grado le nostre AdSP di muoversi in un mercato globale con tempi e modalità che si confanno ad una moderna e complessa organizzazione, seppure di proprietà pubblica».

Fonte Il Secolo XIX  – Intervento di Alessandro Pitto

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Il Secolo XIX - Intervento di Alessandro Pitto

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