26.02.2022 Flotte Mercantili In Allarme, A Rischio 280mila Marittimi

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I marinai russi e ucraini sono il 14% di tutta la forza lavoro globale del settore

Il mondo della logistica trema perla guerra avviata dalla Russia contro l’Ucraina. I porti di Odessa e Mariupol sonobloccati e, da lì, le merci non possono muoversi, in particolare l’acciaio destinato allo scalo di Monfalcone; ma il conflitto rischia di avereripercussioniimmediate anche sui trasporti via mare e su gomma, perla larga presenza di personale ucraino e russo.
Un campanello d’allarme è stato suonato dall’Ics (International chamberof shipping), che rappresenta l’80% della flotta mercantile mondiale. L’associazione spiega che, nel caso in cuila libera circolazione dei marittimi ucraini e russi fosse ostacolata, siavrà un’interruzione della supply chain. Perché è rilevante, alivello globale, ilnumero di lavoratori del mare di quella nazionalità. Il Rapporto sulla forza lavoro dei marittimi, pubblicato nel 2021da Bimco(Balticand international maritime council) e Ics, riporta che 1,89 milioni di marittimi stanno attualmente facendo viaggiare oltre 74mila navi nella flotta mercantile globale. Di questa forza lavoro totale, 198.123 marittimi (10,5%) sono russi (71.652 ufficiali e 126.471 comuni). L’Ucraina conta invece 76.442 marittimi(4%), tra ufficiali(47.058) e comuni(29.383).In totale 274.565 persone che rappresentano il 14,5% della forza lavoro marittima globale.

«Lo shipping — spiegano i tecnici dell’Ics- è attualmente responsabile del movimento di quasi il 90% del commercio globale. Imarittimi sono stati in primalinea nella risposta alla pandemia, assicurando che le forniture essenziali di cibo, carburante e medicinali continuassero a raggiungere le loro destinazioni. Per mantenere questo commercio libero, devono poter imbarcarsi e sbarcare liberamente dalle navi, per i cambi di equipaggi, in tutto ilmondo». Con i voli cancellati nell’area della guerra, «questo diventerà sempre più difficile. Eanchela capacità di pagare i marittimi deve essere mantenuta tramite i sistemi bancari internazionali (e qui si allude ai rischi che comporterebbe l’espulsione delle banche russe dal sistema di pagamento Swift, ndr)».
Ics aveva già in precedenza avvertito di una carenza di marinai mercantili. Una situazione che è stata aggravata dalle restrizioni di viaggio causate dalla pandemia, con i mancati cambi di equipaggio che hanno provocato il prolungamento del periodo in mare per100mila persone contrattualizzate.
«Chiediamo a tutte le parti – dice Guy Platten, segretario generale dell’Ics – di garantire che i marittimi non diventino il danno collaterale in qualsiasi azione che i Governi o altri possano intraprendere». Ma anche l’autotrasporto corre più di un rischio.

«Il 30% circa dei trasportatori stranieri – afferma Giampaolo Botta, direttore generale di Spediporto, l’associazione degli spedizionieri di Genova – è di nazionalità ucraina. Si tratta di operatori che hanno visti legati ai permessi di lavoro e, spesso, le famiglie in Ucraina.
Con la guerra potrebbero avere difficoltà a uscire dal Paese. Sotto il profilo del trasporto merci via mare, invece, è ancora presto per capire gli effetti di questa guerra». Un parere condiviso da Francesco Parisi, alla guida dell’omonima casa di spedizioni triestina, il quale aggiunge: «Siamo soci, nella Piattaformalogistica di Trieste, dei tedeschi di Hhla, i quali hanno un terminal a Odessa che è stato appena chiuso. Ma è ancora prematuro dire quali saranno gli effetti diquesta guerra. Perdin5o anni dilavorononavevo mai vissuto una simile situazione d’incertezza».

GLI SPEDIZIONIERI – A rischio anche l’autotrasporto per la larga presenza di autisti provenienti dall’’Est Europa

Se per gli spedizionieri non sono ancora chiari gli effetti sulle merci dell’invasione, l’imprenditore dello shipping Augusto Cosulich, rientrato a Genova da Kiev, dove curava la logistica del gruppo siderurgico Metinvest (che ha due stabilimenti in Italia), ha toccato con mano la situazione. «Abbiamo una nave a Mariupol- spiega – che deve ancora imbarcare 4milatonnellate dibramme da portare a Monfalcone. Ora il porto è fermoelostretto di Kerk è chiuso».
Da Mariupol si imbarcano i semi-lavorati, prodotti in loco, diretti, attraversolo scalo di Monfalcone, agli stabilimenti di Verona e SanGiorgio di Nogaro. Un traffico di circa tre milioni di tonnellate per i porti dell’Adriatico, che perora è fermo. E sono sospesi gli investimenti futuri della Fratelli Cosulich, che prevedevano l’acquisto di tre navi in joint venture con Metinvest. «L’idea resta – dice Cosulich – sesi risolverà tutto in tempi brevi. In ogni caso, il business in qualche modo si sistema.
Siamo invece preoccupati perla vita ela sicurezza delle persone che co osciamo e che sono là».

Fonte Il Sole 24 Ore – Intervento di Giampaolo Botta

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Il Sole 24 Ore - Intervento di Giampaolo Botta

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